Si è da poco conclusa ad Alba la seconda edizione di “Connessioni – Vedere l’invisibile”, la rassegna di “Aspettando Profondo Umano festival”, che in questi mesi ha acceso i riflettori sul ruolo fondamentale della scienza e della ricerca scientifica come motore di un’esistenza ricca di significato per l’individuo, la comunità e il territorio. Attraverso il tema “Vedere l’invisibile”, la rassegna ha esplorato come la scienza sia capace di svelare ciò che sfugge allo sguardo comune, sia esso infinitamente piccolo o grandioso, o ancora, come apra strade verso mete che sembrano irraggiungibili.

Cinque straordinarie donne di scienza – Vittoria Brambilla, Anna Meldolesi, Valia Allori, Michela Matteoli ed Elena Cattaneo – ci hanno guidato in un percorso di scoperta, dimostrando come la ricerca possa acquisire una dimensione collettiva, divenendo patrimonio di tutti. Si è parlato di sostenibilità, di connessioni tra fisica e filosofia, del funzionamento del cervello umano e della rivoluzione necessaria per dare spazio alle scienziate in un mondo ancora a maggioranza maschile.

Con questa intervista conclusiva, vogliamo ripercorrere i momenti salienti della rassegna e approfondire alcuni temi emersi, che riteniamo cruciali per comprendere l’impatto della scienza sulla nostra società e sul nostro territorio.

 

Vedere l’invisibile per un futuro sociale condiviso

La rassegna ha enfatizzato la capacità della scienza di “vedere l’invisibile”.

Come pensate che la comunicazione scientifica, come quella promossa da “Connessioni”, possa continuare a “far vedere” la scienza al grande pubblico, rendendola più accessibile e meno elitaria?

“In tutti gli eventi di questa edizione è emersa grande curiosità da parte delle persone quando si parla di scienza. Non bisogna fare altro che assecondare questa sete di sapere, andando incontro alle esigenze della cittadinanza. La chiave per un dialogo costruttivo è trovarsi a metà strada: la scienza si deve fare divulgativa, che non significa tradire la complessità delle cose, ma parlare un linguaggio comprensibile a chiunque. A noi spetta rimetterci in gioco per imparare ancora qualcosa, a qualunque età.”

Quale ruolo può giocare la ricerca scientifica nel promuovere un’esistenza più piena di senso, sia a livello individuale che comunitario, come suggerito dal vostro intento iniziale?

“Spesso si racconta di una divisione, quasi di uno scontro, tra i cosiddetti sapere umanistico e sapere scientifico. Eppure sono due facce della stessa medaglia, concorrono ad una comune ricerca di senso e di significato nelle nostre vite: ci aiutano, in modi diversi, a migliorare l’esistenza umana, individuale e sociale. “Connessioni” vuole essere proprio un’occasione di dialogo. L’incontro con la professoressa Allori lo ha dimostrato: filosofia e fisica possono raccontare insieme, pur nelle loro specificità, il mondo che ci circonda.”

 

Coltivazione della sostenibilità e innovazione sociale

Gli interventi di Vittoria Brambilla e Anna Meldolesi hanno evidenziato l’importanza delle coltivazioni sostenibili.

Oltre agli aspetti puramente scientifici, quali innovazioni (es. nuove pratiche agricole, modelli di consumo consapevole, filiere etiche) credete siano necessarie per un reale impatto sul territorio e sulla comunità?

“C’è bisogno sicuramente di disponibilità da parte della politica – che ha il potere di conseguenza la comunità tutta – all’ascolto. Episodi come quelli che ci ha raccontato la professoressa Brambilla (la distruzione delle coltivazioni sperimentali di riso messe in campo dal suo gruppo di ricerca) dimostrano come ci siano ancora tanti pregiudizi infondati e tante incomprensioni su questo tipo di coltivazioni. Ma questo è il futuro: in un mondo in profondo cambiamento climatico dobbiamo adattare le piante ad una maggiore flessibilità e sostenibilità.”

 

Il valore del femminile nella scienza, oltre gli stereotipi

La rassegna ha dato voce a cinque donne di scienza di grande rilievo.

Quale messaggio chiave vorreste lasciare al pubblico riguardo al ruolo del femminile nella scienza e all’importanza di superare le barriere di genere, come discusso da Elena Cattaneo?

“Abbiamo intitolato l’evento con la senatrice Cattaneo “La scienza non ha genere”. Pensiamo si possa riassumere tutto in questa frase. Non ci rendiamo conto degli ostacoli che tante donne di scienza si trovano davanti nel loro percorso umano e professionale; tutto ciò è ingiusto e discriminatorio. Il cambiamento parte, come sempre, da noi, dal riconoscimento dell’esistenza di stereotipi di genere e di discriminazioni (divari salariali, ostacoli normativi, imposizioni culturali); passa poi da come scegliamo di usare il linguaggio e da come educhiamo i nostri figli e le nostre figlie. Mettere in discussione il proprio approccio è difficile, ma è la base su cui costruire tutto il resto.”

In che modo l’esperienza di ricercatrici donne può ispirare le nuove generazioni, in particolare le ragazze, a intraprendere percorsi scientifici e a contribuire attivamente alla ricerca?

“Sapere che qualcuna ce l’ha fatta, pur partendo dalle nostre stesse condizioni, è sicuramente di ispirazione per chi si affaccia al mondo della ricerca. Tuttavia, non bisogna commettere l’errore di additarle come casi eccezionali, fuori dalla norma: sono persone che, tra tante difficoltà e fallimenti, si sono fatte strada e hanno perseguito i propri obiettivi con costanza, dedizione e lavoro. Ben vengano i modelli, ma servono soprattutto i cambiamenti alla base del sistema sociale.”

 

L’impatto territoriale e il messaggio della rassegna

La rassegna si è svolta ad Alba, ma il suo respiro è evidentemente più ampio.

In che modo “Connessioni” intende estendere il suo impatto oltre i confini di Alba, raggiungendo un pubblico e una risonanza più ampia a livello provinciale e regionale?

“Da quest’anno abbiamo implementato le nostre attività social: presto troverete sui nostri canali le registrazioni di alcuni eventi di “Connessioni”. Vuole essere un modo per lasciare traccia concreta di quanto facciamo ed estendere il festival nel tempo e nello spazio. Quindi monitorate le nostre pagine e condividete i nostri contenuti: diffondiamo la scienza e la cultura!”

Qual è il messaggio più forte e duraturo che sperate questa edizione di “Connessioni” abbia lasciato ai partecipanti e all’intera comunità, e come intendete dare seguito a questo messaggio nelle prossime iniziative?

“L’apertura al dialogo. Imparare a conoscere il lavoro delle ricercatrici, frutto di anni di impegno e di passione, porre delle domande (anche delle obiezioni), discutere con loro è stato un arricchimento per tutte e tutti. Questo spazio vuole aprirsi e ampliarsi sempre di più, per gettare qualche seme di consapevolezza e di curiosità.”

 

Guardando al futuro: il legame tra “Connessioni” e “Profondo Umano Festival”

Questa rassegna “Connessioni” si inserisce nel più ampio contesto di “Aspettando Profondo Umano festival”.

Come l’esperienza appena conclusa, e i temi trattati, si legano agli appuntamenti autunnali del festival, e quali sinergie intendete promuovere per un impatto ancora maggiore sul territorio e sulla riflessione comune?

“Siamo già al lavoro da qualche mese sugli appuntamenti di settembre, ma ancora non possiamo svelarvi troppo… Profondo Umano cresce sempre di più e prende spazio sul calendario (copriamo tutte le stagioni ormai!). Come da nostra vocazione, continuiamo ad aprirci alla collaborazione con varie realtà culturali del nostro territorio: fare rete, contaminarsi e aiutarsi a vicenda è la risposta – noi ci crediamo davvero – alle difficoltà del presente. “

 

Grazie per aver condiviso con noi l’esperienza di “Connessioni” e per averci offerto nuovi spunti per vedere l’invisibile che la scienza ci rivela ogni giorno, rendendolo un patrimonio comune!

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